
Premio di Ricerca
"Valeria Silvia Mellace" 2010
Il vincitore e la sua ricerca
Mirco Modolo
Nato a Conegliano il 17/10/1983, laureatosi all’Università di Padova nel 2005 con una tesi sui cippi gromatici del Veneto (rel. prof. J. Bonetto), ha proseguito gli studi all’Università di Roma Tre, dove ha conseguito nel 2009 la laurea specialistica in archeologia con una tesi incentrata sulle trasformazioni del paesaggio intervenute nel sito di porta Capena dall’età romana sino ad oggi (rell. proff. D. Manacorda, R. Santangeli Valenzani). Attualmente è iscritto alla sezione Storia e conservazione dell’oggetto d’Arte e d’architettura della scuola dottorale in Culture della trasformazione della città e del territorio dell’Università degli Studi di Roma Tre e dal mese di ottobre del 2010 frequenta la Scuola Biennale di Paleografia, Diplomatica ed Archivistica presso l’Archivio Segreto Vaticano. I suoi interessi spaziano da vari aspetti della topografia di Roma antica, alla fortuna dell’antico nella tradizione antiquaria romana seicentesca, ai problemi di gestione e valorizzazione dei beni culturali.
Topografia della valle tra Celio e Aventino
in età romana
Premessa storica
La valle compresa tra Celio e Aventino, attraversata dal viale delle Terme di Caracalla e nota ancora oggi a molti romani come ‘Passeggiata Archeologica’, comprendeva in antico il primo tratto della via Appia, limite tra la I e la XII Regio e principale asse di sviluppo urbanistico. A partire dalla porta Capena delle mura serviane, da cui aveva inizio l’Appia, il paesaggio era segnato da aree e infrastrutture di servizio legate ad una ingente circolazione quotidiana di mezzi e merci all’ingresso e in uscita dalla città (area Carruces, area Pannaria, area Radicaria). Al tema dell’adventus/profectiodei generali romani e poi degli imperatori di ritorno o in partenza per le campagne militari in Italia meridionale o nell’oriente dell’impero si lega anche la presenza del tempio di Honos et Virtus con l’antistante altare augusteo dedicato ad una beneaugurante Fortuna Redux. La caratteristica abbondanza di acque sorgive nella valle, trovava espressione nella dedica a Mercurio di una delle fonti (aqua Mercurii) presso porta Capena, ma soprattutto veniva trasfigurava nel mito e nel culto delle Camene e della ninfa Egeria, che aveva il suo centro nel fonte e nel tempio delle Camene inserito in un bosco sacro (lucus), come era tipico per i santuari laziali repubblicani. Alle sorgenti naturali si venne via via aggiungendo l’afflusso crescente di acqua fatta giungere nei secoli dai numerosi acquedotti che attraversavano la valle in prossimità di porta Capena (aqua Appia, Claudia, Marcia e rivus Herculaneusfino a porta Capena) alimentando numerosi impianti termali sia pubblici (thermae Commodianae e Severianae) che privati d’alto livello (balnea Abascanti,Torquati e Mamertini).
Problematiche di ricerca
Sia la lista dei Cataloghi Regionari che le fonti letterarie individuano le precise emergenze monumentali appena ricordate lasciando intravedere una realtà archeologica particolarmente ricca e significativa, che tuttavia ad oggi non ha trovato alcun riscontro nel terreno: di nessuno dei monumenti sopra citati è infatti nota con certezza la localizzazione originaria, nemmeno della via Appia, forse rappresentata nella lastra n. 1 della Forma Urbisseveriana. Un simile vuoto di conoscenza si spiega facilmente se pensiamo che la Passeggiata Archeologica non si è mai trasformata in un quartiere residenziale ad alta intensità abitativa come è s’è verificato invece per il resto della città dopo il 1870. Paradossalmente in questo caso sono state le stesse misure di tutela e conservazione passiva ad ‘imbalsamare’ il sottosuolo. L’unica (e ultima) vera grande occasione per intraprendere una vasta ed estensiva campagna di scavo si presentò nel corso dei lavori per la Passeggiata Archeologica nel 1909, ma venne purtroppo sacrificata in favore di una sistemazione dell’area ‘a giardino’ che lasciava ben poco spazio alle istanze conoscitive proprie della ricerca archeologica. L’archeologia oggi può però fortunatamente giovarsi di un contesto relativamente 'poco disturbato' da interventi successivi, per di più caratterizzato da ampi e liberi spazi verdi (basti pensare al Parco Comunale di Porta Capena o al Semenzaio Comunale) adatti ad indagini archeologiche sia distruttive, come lo scavo archeologico che non, come le prospezioni geofisiche.
La ricerca: metodologia e risultati
La presente ricerca ha proceduto innanzitutto ad una sistematica raccolta dei dati di scavo dalla fine dell’800 sino ad oggi, inserendo via via i lacerti di strutture documentati all’interno di una piattaforma cartografica unitaria in ambiente AutocadMap 3d. Nell’ambito del materiale esaminato, particolare attenzione è stata riservata alla documentazione grafica e fotografica prodotta dall’archeologo inglese John Henry Parker, che scavò in più punti nella valle a partire dal sito di Porta Capena. Sulla sua figura pesano ancora i giudizi di una critica forse eccessivamente severa, che se ha ragione nel rilevare l’approssimazione di molta documentazione, non può tuttavia giustificare l’oblio di molti disegni e fotografie che rappresentano oggi le uniche testimonianze di resti poi irrimediabilmente cancellati, come s’è cercato di mettere in evidenza in questo lavoro. I resti rinvenuti (non solo da Parker) tra fine Ottocento e inizi Novecento, che facevano riferimento ad un sistema di viabilità dell’area differente da quello odierno, hanno trovato una precisa geo-referenziazione in una pianta complessiva, fornendo, pur in un quadro ancora fortemente frammentario, una solida banca dati archeologica preliminare ad interventi non solo conoscitivi ma anche di tutela del sommerso, in questo caso particolarmente ricco. Sono stati individuati in totale 14 contesti archeologici fondamentali che sono stati schedati singolarmente sulla base di una documentazione per lo più inedita.
Vengono qui di seguito ricordati i seguenti tra i risultanti più interessanti emersi nel corso della schedatura dei contesti:
a) Studio e tentativo di posizionamento di una estesa porzione di ambienti residenziali di alto livello sinora rimasti del tutto inediti e caratterizzati da impianti termali pertinenti a due isolati della XII Regio separati da una strada basolata e rinvenuti al di sotto del palazzo della FAO;
b) Documentazione degli ambienti ipogei sotto la chiesa di S. Maria in Tempulo in via di valle delle Camene, esplorati per la prima volta dai tempi di Parker. Nel corso del sopralluogo s’è potuta constatare la presenza di una sorgente d’acqua medicinale al di sotto di un ambiente voltato affrescato che doveva appartenere ad un ninfeo rinascimentale nell’allora vigna dei Mattei;
c) Ipotesi di ricostruzione del percorso del ramo celimontano dell’acquedotto Claudio di cui sino ad oggi si conosceva il solo tratto diretto al Palatino (ancora visibile nei monumentali piloni in laterizio di via di S. Gregorio) sulla base del riesame dell’iconografia storica del Celio;
d) Geo-referenziazione delle strutture emerse nel corso dei lavori per la costruzione di un collettore fognario sotto Villa Mattei nell’area del Semenzaio Comunale e rilevate da Gatti tra il 1936 e il 1937;
e) Una nuova ipotesi interpretativa dei vici Sulpici (citerior e ulterior) all’interno della Regio I sulla base di una nuova lettura dell’Historia Augusta.
L’auspicio è quello che questo materiale possa guidare e al tempo stesso stimolari ulteriori indagini archeologiche volte ad arricchire il quadro conoscitivo attuale, ancora estremamente lacunoso.


Fig. 1 - Posizionamento dei 14 contesti archeologici individuati e schedati nella valle tra Celio e Aventino

Fig. 2 - Digital Terrain Model del rilievo del Piccolo Aventino prima della costruzione del Ministero dell’Africa Italiana (attuale FAO) nel 1938 nell’angolo tra l’attuale via delle Terme di Caracalla (in primo piano) e il Viale Aventino (sulla destra)

Fig. 3 - Strutture archeologiche individuate nell’area FAO

Fig. 4 - Ingresso ai vani ipogei ri-scoperti sotto S. Maria in Tempulo